1. La nozione di cessione ed acquisto intracomunitario di beni- articolo 138, par. 1, della Direttiva 2006/112/CE (modifica la Direttiva 77/388/CE, cd. “Sesta direttiva”)
Com’è noto, la normativa sull’IVA è prodotta a livello comunitario, con Direttive che vengono recepite nei singoli ordinamenti degli Stati membri.
Pietra miliare, in materia di IVA, è la Direttiva 77/388/CE (cd. “Sesta direttiva”), che è stata oggetto di successivi interventi di manutenzione nel corso degli anni.
Essa consente agli Stati membri di esentare da IVA:” le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori dal rispettivo territorio, ma nella Comunità dal venditore dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo … (omissis) in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni”.
In virtù di questa norma, negli scambi intracomunitari di beni l’IVA è dovuta nello Stato in cui il bene si consuma, non in quello in cui si produce.
Quali sono gli elementi costitutivi della cessione intracomunitaria, a cui è speculare l’acquisto comunitario?
• Il fornitore e l’acquirente devono essere soggetti passivi IVA (tralascio l’eccezione costituita dalle cessioni effettuate da enti non soggetti passivi);
• I beni devono essere ceduti a titolo oneroso;
• Il potere di disporre del bene deve passare dal cedente all’acquirente;
• Il bene dev’essere trasportato o spedito fuori dal territorio dello Stato del fornitore ed arrivare un uno Stato membro diverso.
Se sussistono tutti questi requisiti, il fornitore emette fattura non imponibile (la Direttiva utilizza l’aggettivo “esente”) e l’IVA sarà assolta dall’acquirente nel proprio Paese.
2. La prova della natura intracomunitaria dell’operazione- l’articolo 22 della Direttiva 77/388/CE
L’articolo 22, n. 8 della Direttiva 77/388/CE non impone alcuna prova particolare, ma lascia agli Stati membri la facoltà di stabilire, nel rispetto del principio della parità di trattamento tra operazioni interne ed operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che ritengano necessari per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare le frodi, a condizione che essi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio della frontiera.
3. La prova della natura comunitaria dell’operazione- il D.L. 331/93
L’articolo 41, 1° comma, lett. a) del D.L. 331/93, attuando la Direttiva UE, stabilisce: “Costituiscono cessioni non imponibili le cessioni a titolo oneroso di beni, trasportati o spediti nel territorio di altro Stato membro, dal cedente o dall’acquirente o da terzi per loro conto, nei confronti di cessionari soggetti di imposta… (omissis)”.
Anche la norma interna lascia alla buona fede ed al buon senso degli operatori come provare la cessione intracomunitaria.
E’ evidente che, in caso di contestazione della natura comunitaria della cessione posta in essere, il fornitore dovrà provare al Fisco tali elementi ed è proprio qui che si addensano i problemi, in particolare se la vendita è “franco fabbrica” o simili.
Per comprendere meglio occorre fare una premessa sulle clausole di vendita.
Entrambi gli INCOTERMS di seguito illustrati possono essere utilizzati nella cessione intracomunitaria di beni, in quanto l’articolo 138 della Direttiva 2006/112/CE e l’articolo 41 del D.L. 331/93 prevedono che il bene possa essere spedito o trasportato dal cedente, dall’acquirente o da terzi per loro conto.
Franco destino.
La merce viene consegnata dal fornitore al domicilio del cliente; la proprietà passa al momento della consegna.
Se il trasporto avviene a cura del cedente non si pongono problemi di prova, perché egli conserverà la seguente documentazione: ordine, conferma d’ordine, fattura, CMR compilato dal proprio dipendente che trasporta la merce a destino e firmato dal cliente nella data di ricevimento della merce a destino, estremi del pagamento della fattura, Modello INTRASTAT della cessione comunitaria. Qualche difficoltà potrebbe, forse, sorgere se il trasportatore viene contattato dall’acquirente; tuttavia, quest’ultimo ha il contatto diretto con il trasportatore e può meglio controllare lo stato della spedizione e dei relativi documenti.
Franco fabbrica/franco stabilimento/franco magazzino.
In questa fattispecie la merce viene ritirata presso lo stabilimento/deposito/magazzino del fornitore dal cliente o da un terzo per suo conto. La proprietà passa la momento del ritiro della merce presso il cedente.
Con questa clausola, la posizione del cedente si complica, perché non ha più il controllo della situazione e deve confidare nella scrupolosità del trasportatore o del cliente ed è possibile che la copia del CMR non gli venga restituita con la firma del cliente o che vada smarrita.
4. La prassi
L’Agenzia delle Entrate ha affrontato l’argomento in alcuni interventi di prassi.
La R.M. 345/E/2007, dopo aver ricordato che l’elemento costitutivo della cessione intracomunitaria è l’invio dei beni in un altro Stato membro dell’Unione Europea, ammette, quale prova di ciò, il Documento Di Trasporto, da cui si evince l’uscita delle merci dal territorio dello Stato per l’inoltro ad un soggetto passivo d’imposta identificato in un altro Stato comunitario.
Altri documenti, diversi rispetto a quelli fiscali, possono essere inseriti nel fascicolo della cessione, quali: documentazione bancaria attestante l’avvenuto pagamento della merce, documenti contrattuali ecc.
Anche questi ultimi, ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, devono essere conservati dal fornitore italiano entro i limiti temporali dell’attività di accertamento, in quanto previsto dal combinato disposto degli artt. 19, 3° comma, DPR 600/73 e 2214 del Codice Civile.
La R.M. 477/E/2008 affronta un caso di vendita “franco fabbrica” e rinvia alla giurisprudenza della Corte di giustizia UE secondo cui: ”l’esenzione della cessione intracomunitaria diventa applicabile solo quando il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente e quando il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione e trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione”.
Ai fini della prova dell’uscita dei beni la citazione del Documento Di Trasporto viene considerata a titolo esemplificativo e non esaustivo; quindi, se il cedente nazionale vende “franco fabbrica”, la prova potrà essere fornita anche con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in un altro Stato membro.
In conclusione, l’Agenzia delle Entrate ammette quale prova del trasferimento fisico dei beni dall’Italia ad un altro Stato membro della UE il Documento Di Trasporto e qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in un altro Stato membro.
5. La giurisprudenza della Corte di giustizia UE
Nel corso degli anni il giudice comunitario si è pronunciato più volte e in riferimento a differenti aspetti della cessione comunitaria.
Si possono individuare alcuni principi affermati dai giudici comunitari:
1) Elemento costitutivo della cessione intracomunitaria è il movimento fisico dei beni dallo Stato membro di cessione a quello di destinazione;
2) I requisiti probatori che possono essere stabiliti dagli Stati membri non possono limitare la libera circolazione delle merci;
3) Se il cedente ha agito in buona fede e si dimostra estraneo alla frode IVA, può essere escluso dall’obbligo di assoggettare ad IVA la cessione inizialmente esentata;
4) La dichiarazione fiscale presentata dall’acquirente alle proprie autorità fiscali può costituire un indizio del trasferimento fisico dei beni fuori dallo Stato membro di cessione, una prova supplementare;
5) L’esenzione ad una cessione intracomunitaria va accordata in presenza dei requisiti sostanziali, anche se quelli formali difettino, salvo che tale mancanza impedisca l’appuramento dell’esistenza dei requisiti sostanziali;
6) L’onere della prova incombe sul soggetto che invoca l’esenzione e, in caso di vendita con clausola “franco fabbrica”, in mancanza della copia del CMR con la firma dell’acquirente, la prova può essere data con altri mezzi;
7) Nel caso di vendita sul territorio a soggetto passivo di altro Stato membro, che intenda vendere la merce ad un altro soggetto passivo di Stato membro diverso, entrambe le cessioni sono qualificate comunitarie se il potere di disporre al secondo cessionario passa al momento in cui il bene viene consegnato a destino;
8) La prova che l’acquirente sia un soggetto passivo non dipende dal numero d’identificazione, ma dal fatto che egli eserciti un’attività economica;
9) L’inesistenza del numero d’identificazione non può causare il disconoscimento dell’esenzione della cessione intracomunitaria se il cedente ha adottato tutte le misure necessarie per appurare tale circostanza e se, alternativamente, fornisca indicazioni idonee a provare che l’acquirente, in quel frangente, agiva quale soggetto passivo d’imposta.